ANNO 14 n° 120
Peperino&Co.
Musei a Viterbo: sono
ancora una risorsa?
di Andrea Bentivegna
05/11/2016 - 02:00

di Andrea Bentivegna 

Viterbo si proclama città di cultura con il suo centro storico, le fontane, i monumenti e i suoi musei. Ecco, i musei. Un paio di parole in merito andrebbero spese. In città sono due quelli sulla carta più importanti: l’Etrusco - ospitato nella trecentesca Rocca Albornoz - e il Museo Civico di piazza Crispi.

Questo almeno è ciò che si legge sulle guide turistiche, peccato che nella realtà ci troviamo di fronte due istituzioni assolutamente meno conosciute di quello che meriterebbero.

La situazione è paradossale. Prendiamo il Museo Civico. La sua storia è alquanto travagliata ed emblematica. La prima, antichissima, raccolta di reperti che poi confluiranno - solo molti secoli dopo - nell'attuale museo risale infatti al 1494. Fu l’umanista Annio da Viterbo che collocò nel cortile di Palazzo dei Priori cinque sarcofagi etruschi che aveva rinvenuto durante una campagna di scavi in località Cipollara. Solo più tardi si scoprirà che in realtà i reperti erano dei falsi prodotti dallo stesso Anno che li aveva fatti sotterrare. Insomma la storia di questo museo è sostanzialmente iniziata grazie a una truffa.

In ogni caso negli anni successivi la collezione continuò a crescere ma il primo museo vero e proprio nacque solo nell’Ottocento, quando l’Accademia degli Ardenti richiese le opere custodite nel palazzo comunale; Fu così che nel 1821 nacque ufficialmente il primo, vero, museo cittadino. Il nobile tentativo - come d’antica tradizione viterbese - naturalmente fallì dopo poco tempo. Malgrado l’insuccesso si ritentò l’esperimento nel 1870 quando, all’indomani dell’annessione al Regno d’Italia, ci si trovò a dover gestire una grandissima mole di opere d’arte confiscate allo scomparso Stato Pontificio.

Fu ancora Palazzo dei Priori ad ospitare l’esposizione, ma ben presto ci si rese conto che quel luogo era assolutamente insufficiente allo scopo, fu dunque nel 1912 che si decise di spostare tutta la collezione nell’allora sconsacrata chiesa della Verità. Lì, nella grande navata, furono sistemate le opere dando vita ad un allestimento assolutamente semplice ma non per questo meno suggestivo esaltato dalla vastità della chiesa. Si andò avanti cosi fino alla Seconda Guerra Mondiale quando i bombardamenti misero in pericolo l’intero edificio. Nel dopoguerra il museo fu spostato nel convento attiguo dove venne inaugurato quello che ancora oggi, malgrado le chiusure e i crolli più recenti, è il più importante ''scrigno'' di opere d’arte cittadine.

All’interno del convento della Verità si possono ammirare opere d’arte straordinarie come quelle di Andrea Della Robbia, Pietro Da Cortona o Antonio Del Massaro, ma soprattutto i due capolavori di Sebastiano Del Piombo: la Pietà del 1517 e la Flagellazione di poco successiva. Due opere di valore assoluto per la cultura non solo locale ma occidentale che da sole dovrebbero richiamare turisti da mezzo mondo come dimostrò, nel 2008, la splendida mostra che fu dedicata al pittore cinquecentesco nelle sale di Palazzo Venezia a Roma. In quell’occasione centinaia di visitatori si misero in fila ogni giorno per poter ammirare i due capolavori ''viterbesi'' che risplendevano grazie anche al suggestivo allestimento ideato dal regista Luca Ronconi.

Ecco, è esattamente questo il colmo: opere che quotidianamente vengono ignorate nel nostro museo divengo altrove capaci di richiamare grandi folle. Questo fu evidente anche ai viterbesi quando, appena tre anni fa, i due capolavori di Del Piombo furono spostati nella Sala Regia di Palazzo dei Priori, dove, malgrado un allestimento assai meno felice, divennero una vera attrazione.

Un incessante andirivieni con il palazzo comunale che dura ormai da secoli e che sembra ancora non essersi concluso, stando almeno alle dichiarazioni dell’amministrazione che vorrebbe portare La Pietà e La Flagellazione in pianta stabile al pian terreno del Comune non appena i locali saranno liberati dagli attuali uffici. Portare dei capolavori simili all’interno del centro della città, dove ci sono i turisti, è certamente la strategia giusta è però folle privare il Museo Civico delle sue due opere principali. Non disperdiamo questa grande risorsa, rafforziamola piuttosto, miglioriamola guardando anche all’esperienza fatte altrove ma non riduciamo un’istituzione a due soli capolavori.

 





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